LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 23

 

2 aprile 2017 – 5ª domenica di Quaresima - Ciclo liturgico: anno A

 

Io sono la risurrezione e la vita, dice il Signore,

chi crede in me non morirà in eterno.

 

Giovanni 11,1-45       (Ez 37, 12-14  -  Sal 129  -  Rm 8,8-11)

                

Eterno Padre, la tua gloria è l’uomo vivente; tu che hai manifestato la tua compassione nel pianto di Gesù per l’amico Lazzaro, guarda oggi l’afflizione della Chiesa che piange e prega per i suoi figli morti a causa del peccato, e con la forza del tuo Spirito richiamali alla vita nuova.

 

 


  1. Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato.
  2. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.
  3. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato”.
  4. All’udire questo, Gesù disse: “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato”.
  5. Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro.
  6. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava.
  7. Poi disse ai discepoli: “Andiamo di nuovo in Giudea!”.
  8. I discepoli gli dissero: “Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?”.
  9. Gesù rispose: “Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo;
  10. ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui”.
  11. Disse queste cose e poi soggiunse loro: “Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo”.
  12. Gli dissero allora i discepoli: “Signore, se si è addormentato, si salverà”.
  13. Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno.
  14. Allora Gesù disse loro apertamente: “Lazzaro è morto
  15. e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!”.
  16. Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: “Andiamo anche noi a morire con lui!”.
  17. Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro.
  18. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri
  19. e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 
  20. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.
  21. Marta disse a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!
  22. Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”.
  23. Gesù le disse: “Tuo fratello risorgerà”.
  24. Gli rispose Marta: “So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno”.
  25. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;
  26. chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?”.
  27. Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”.
  28. Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: “Il Maestro è qui e ti chiama”.
  29. Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui.
  30. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.
  31. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
  32. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!”.
  33. Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato,
  34. domandò: “Dove lo avete posto?”. Gli dissero: “Signore, vieni a vedere!”.
  35. Gesù scoppiò in pianto.
  36. Dissero allora i Giudei: “Guarda come lo amava!”.
  37. Ma alcuni di loro dissero: “Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?”.
  38. Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra.
  39. Disse Gesù: “Togliete la pietra!”. Gli rispose Marta, la sorella del morto: “Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni”.
  40. Le disse Gesù: “Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?”.
  41. Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: “Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato.
  42. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato”.
  43. Detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”.
  44. Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: “Liberàtelo e lasciàtelo andare”.
  45. Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

Spunti per la riflessione

 

Vivere da vivi

La sfida, alla fine della fiera, è fra la morte e la vita.

Fra vivere da vivi o da morti. Fra il permettere che la vita contagi e si allarghi fino a superare ogni morte o, viceversa, permettere alla morte di contagiare ogni aspetto della vita.

Il deserto, il Tabor, la sete, la cecità… tutto ci porta all’essenziale, alla scelta.

Scegliere o meno di vivere.

Non vivacchiare, come siamo abituati a fare.

Un po’ travolti dalle cose, dalle emozioni, dai limiti, dai giudizi, dai sensi di colpa.

Come la samaritana, appunto. O il cieco nato.

Ma prendere in mano la vita, lasciare che dilaghi, scoprire che l’anima, che spero ci abbia raggiunti in questo ultimo mese, ci permetta di vedere le cose in maniera diversa.

Tipo che la morte di un amico, del migliore amico, è l’occasione finale, per Gesù, di mostrare l’amore che ha per Lazzaro. E per le sue sorelle. E per noi.

E che questo amore lo spingerà a fare ciò che nessuno aveva anche solo immaginato si potesse fare: donare la vita per qualcun altro.

La vita di Lazzaro segna la morte di Gesù.

 

Il tuo amico

Gesù si è rifugiato ad Efraim.

Tira una bruttissima aria, per lui, a Gerusalemme. Giovanni struttura il suo vangelo come un gigantesco, infinito processo all’opera di Gesù e Gesù, lo sa, è già stato condannato a morte in contumacia.

Lazzaro, il suo amico Lazzaro, sta male, tanto.

Gesù sa che andare a Betania, a quel punto, equivale ad un vero suicidio.

Aspetta qualche giorno e parte.

Tutto a Betania, la casa del povero, odora di morte.

La fine prematura di una persona giovane e stimata, ancora oggi, ci getta nel panico totale. Nonostante la fede, nonostante tutto.

È Marta ad uscire per prima. È lei che agisce in casa, lo sappiamo bene.

Le sue parole sono un rimprovero sgomento.

Se tu fossi stato qui.

No Marta, non è vero. Se anche Gesù fosse stato presente non avrebbe impedito a Lazzaro di morire.

Anche se Gesù è presente nella nostra vita, anche se siamo suoi amici, se egli ci è amico, non possiamo evitare la morte e il dolore e le prove che egli per primo non ha rifiutato.

È normale, istintivo pensare che Gesù ci protegga, ci salvi. E lo fa, ma mai come pensavamo.

Mai come vorremmo.

Gesù invita Marta, e noi, a credere. A credere in una resurrezione e in una vita che avvolgono e riempiono questa nostra vita biologica, terrena, che le danno misura e senso, orizzonte e gioia.

Si fida, Marta. Anche se stenta a capire, anche se non vede come tutto ciò possa accadere.

Sa, come sappiamo noi, che egli è l’acqua di sorgente, la luce. Ma c’è ancora un passo incredibile da affrontare.

 

Ti chiama

Il maestro è qui e ti chiama.

Così dice Marta a Maria. Così dice Marta a me, oggi.

Maria si alza e, con lei, tutti i famigliari e gli amici. Si ripete la scena, il dolce rimprovero.

Gesù sta per ribattere, come con la sorella. Ma vede le lacrime. Tante. Troppo.

E accade.

Scoppia a piangere.

Come se, per la prima volta, Dio si rendesse conto di quanto dolore possa vivere l’uomo.

Di quanto possiamo smarrirci e perderci, deboli e sciocchi che siamo.

Come se Dio, per la prima volta, vedesse quanto dolore ci procura il dolore, quanto smarrimento, quanto disorientamento.

Non ci sono parole per spiegare o per consolare. Solo partecipazione. Chiede dov’è Lazzaro.

Vieni a vedere, gli dicono.

Tre anni prima, ai due discepoli del Battista che si erano messi sui suoi passi, aveva detto le stesse parole: venite e vedrete.

Loro videro dov’era Dio. Dio, ora, va a vedere dov’è la morte.

E sceglie.

 

Vieni fuori

Lazzaro, vieni fuori!

Sa bene che quel gesto segnerà la sua fine. Sa bene che alcuni si prenderanno la briga per andare a denunciarlo (per cosa, violazione del regolamento cimiteriale?). Sa bene che le parole non sono più sufficienti.

La sua vita per la vita di Lazzaro.

Ora che ha visto quanto dolore provoca la morte gli resta un ultimo passaggio per poter essere uomo in tutto. Morire.

È piena di gioia e di stupore questa resurrezione.

È pieno di mestizia il cuore del Maestro.

Sì, ora è pronto. Andrà fino in fondo.

Fino all’inimmaginabile. La morte di Dio.

Lazzaro, noi, io siamo vivi perché Gesù ha donato la sua vita.

E ci invita, ancora e ancora, a vivere da vivi.

 

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L’Autore

 

Paolo Curtaz

 

 

Cammino quaresimale

1ª domenica     Mt 4,1-11        le tentazioni                 io sono la salvezza

2ª domenica     Mt 17,1-9        la Trasfigurazione       io sono la Parola

3ª domenica     Gv 4,5-42        la Samaritana               io sono l’acqua viva

4ª domenica     Gv 9,1-41        il cieco nato                 io sono la luce del mondo

5ª domenica     Gv 11,1-45      Lazzaro                       io sono la resurrezione e la vita

Esegesi biblica

 

La risurrezione di Lazzaro (11, 1-45)

Nel capitolo quarto abbiamo incontrato il segno dell’ “acqua” (la samaritana); nel capitolo nono, il segno della “luce” (il cieco); in questo capitolo undicesimo, un altro segno, “la vita”, che sintetizza tutto il cammino del cristiano, che è un continuo esodo dalla morte alla vita.

Questo racconto di Giovanni ha un modo di procedere simile a un dramma che tiene il lettore sospeso, per il continuo susseguirsi di conseguenze.

La drammatizzazione dell’episodio è al servizio di un insegnamento profondo e articolato. Ad una introduzione (vv. 1-16), seguono “due scene”: la prima narra il dialogo di Gesù con Marta (vv. 17-27) e con Maria (vv. 28-37), sorelle di Lazzaro; la seconda (vv. 38-44) si sofferma su Gesù che dinanzi alla tomba di Lazzaro comanda: “Lazzaro, vieni fuori!”.

Infine la “conclusione” del racconto (vv. 45-54) con il Sinedrio che decide la morte di Gesù: Lazzaro è vivo, Gesù morirà.

a) “Questa malattia non è per la morte”. Gesù aspetta senza preoccuparsi che l’amico Lazzaro sia morto (vv. 6.11). Egli attende che il ciclo della morte si compia in Lazzaro, affinché l’iniziativa del Dio della vita si manifesti in tutto il suo spessore.

Ma, soprattutto, Gesù vuol preparare i discepoli a comprendere il miracolo come un “segno” (cfr. Gv 2,11), in cui possano scoprire la gloria del Padre e di Gesù (v. 4b), affinché i discepoli credano, e nella fede incontrino la vita.

b) Il dialogo tra Gesù e Marta. Diversamente da quanto avviene nell’episodio della cena narrato da Lc 10, 38-42, qui è Marta, e non Maria, ad avere il ruolo principale e a comprendere meglio ciò che sta per accadere. Marta crede che “qualunque cosa Gesù chiederà a Dio, Dio gliela concederà” (v. 22). Da questo inizio di fede, passando attraverso la professione sulla “risurrezione nell’ultimo giorno” (v. 24), Marta è condotta da Gesù di fronte a un nuovo appuntamento della fede: viene da lui provocata ad una fede più grande nella sua persona (vv. 25-26). Si tratta di credere in lui già ora, al presente e non soltanto al futuro:  “Gesù è la risurrezione e la vita” (v. 25).

c) “Credi tu questo?”. La risurrezione di Lazzaro non è soltanto un segno della risurrezione generale, nell’ultimo giorno, ma anche il segno concreto della potenza vivificante di colui che già ora ha “parole di vita eterna” (Gv 6,68) perché “come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso” (Gv 5,26).

Gesù offre a Marta la più grande rivelazione cristologia che si possa immaginare quando, con quel “Io sono la risurrezione e la vita” (v. 25), pone se stesso sullo stesso piano dell’Io sono di Dio nella teofania a Mosè: “Io sono colui che sono” (Es 3,14).

La voce imperativa di Gesù a Lazzaro, cadavere da quattro giorni (v. 43), è la voce di colui che già ora rivolge ai suoi la parola di Dio, chiamandoli alla vita. Perciò i morti “dormono soltanto” (v. 11), “vivono anche se muoiono” (v. 25), e “morire” non è più morte (v. 26). Gesù chiama alla vita non soltanto Lazzaro, ma tutti noi perché mediante la fede veniamo alla vera vita: “Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna…” (5, 24).

Crediamo, noi questo? Per bocca di Marta, la comunità di Giovanni confessa la sua fede: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo” (v. 27).